Inquinamento nelle città: cause e settori più inquinanti

Dopo aver esaminato il concetto di carbon footprint, passiamo ad approfondire la composizione dell’inquinamento in città, analizzando le tipologie di inquinanti presenti nell’aria che respiriamo ogni giorno e le fonti di emissione.

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Le serie storiche mostrano un decremento delle emissioni di gas serra in Italia dal 1990 al 2017 del 67%, questo però non è ancora sufficiente, se si pensa che ogni anno ci sono nel mondo circa 9 milioni di morti premature (il 16% delle morti globali) dovute all’inquinamento.

In particolare per l’Italia, l’Agenzia Europea per l’Ambiente ha stimato che nel 2015 60.200 morti premature possano essere attribuibili all’esposizione a lungo termine al PM2,5, 20.500 all’NO2 e 3.200 all’O3.

In questo senso gli inquinanti più pericolosi presenti nell’aria delle nostre città sono: particolato atmosferico (PM10 e PM2,5), ossidi di azoto (in particolare NO2), ozono (O3), ossidi di zolfo (SOx), nitrati (NHx) e i composti organici volatili non metanici.

Quali sono i settori più inquinanti?

Vediamo insieme quali sono i settori che contribuiscono maggiormente all’inquinamento atmosferico.

1. Trasporti e mobilità

I trasporti sono tra le principali cause di PM10 primario e secondario e di ossidi di azoto. Nonostante ogni anno si riduca la presenza di auto altamente inquinanti (euro 0 e 2), il trasporto privato su gomma rimane una delle fonti di inquinamento principali, specie nelle grandi città.

Durante il lockdown del 2020 si è osservato un calo del PM10 primario dovuto al traffico del 20% e un calo del NO2 tra il 40% e il 60%. Nel complesso però la diminuzione non è stata sufficiente a limitare i superamenti dei limiti di legge in quanto, da un lato, il danno era ormai stato fatto visto che i picchi di emissioni si hanno nei mesi invernali, dall’altro va tenuto conto che la principale fonte di PM10 primario è il riscaldamento domestico, che a marzo era ancora acceso e a ciò si aggiunge un’ulteriore considerazione che riguarda le polveri di formazione secondaria che sono legate anche all’agricoltura, come vedremo a breve.

Questo non scagiona comunque il trasporto come fonte di inquinamento in quanto contribuisce per circa il 20% del PM10 primario ed è una fonte importante di NOx (circa il 66%), che contribuisce alla formazione di PM10 secondario (il quale può incidere nel totale del PM10 per più del 50%).

inquinamento città da trasporto

2. Riscaldamento domestico

La generale riduzione di emissioni di PM10 registrata tra il 2005 e il 2015 non ha riguardato purtroppo il riscaldamento domestico, dove invece si è rilevato un incremento dovuto da un lato all’aumento dell’uso di biomassa legnosa, dall’altro al mancato adeguamento tecnologico verso sistemi più efficienti, come ad esempio caldaie a condensazione o pompe di calore. Mentre infatti per il ricambio del parco auto sono stati messi in campo numerosi incentivi, non altrettanto è stato fatto nell’ambito del riscaldamento civile, dove si è iniziato a muoversi solo negli ultimi anni.

Il risultato è che nel periodo di tempo in esame il contributo al PM10 primario del trasporto si è dimezzato, facendo del riscaldamento domestico la fonte principale.

Torneremo ad affrontare il tema del riscaldamento nel prossimo approfondimento per vedere come possiamo contribuire alla riduzione delle emissioni attraverso una maggiore consapevolezza.

3. Industria

Anche se può sembrarci contro intuitivo, il settore industriale è in realtà quello che negli anni ha maggiormente ridotto le emissioni. Questo per una serie di concause, tra le quali la delocalizzazione, l’automazione, la chiusura di vecchi impianti, ma anche le normative sempre più stringenti in materia di emissioni che hanno spinto a scelte per aumentare l’efficienza energetica e ridurre le emissioni nocive.

In alcuni settori però come la chimica, la produzione energetica e la siderurgia, questo processo trova ostacoli e rallentamenti soprattutto per gli alti costi da sostenere, cosa che rende alcune città che storicamente sono sedi di grandi poli metallurgici o chimici particolarmente compromesse a livello di inquinamento industriale.

4. Agricoltura

Sebbene si possa pensare che l’agricoltura non possa incidere sull’inquinamento delle città, in realtà la maggior parte degli allevamenti e coltivazioni industriali si trovano in aree densamente popolate, quali la pianura Padana.

Il principale inquinante emesso dall’agricoltura, 86% delle emissioni totali, è l’ammoniaca (NH3), le cui emissioni, pur essendosi ridotte del 17% tra il 2005 e il 2015, sono in dubbio di poter raggiungere il target fissato dall’Europa per il 2030.

Va sottolineato che l’ammoniaca è tra i precursori del PM10 secondario, che come abbiamo visto può contribuire per più del 50% nella composizione totale del PM10. Anche quindi se staccato dal settore urbano, aerosol e particolato generati dalla volatilizzazione di fertilizzanti e deiezioni di animali, si riversano immediatamente nei centri urbani.

inquinamento città da agricoltura

Cosa fare contro l'inquinamento nelle città

Al di là delle politiche energetiche ed ambientali varate dai governi, anche noi possiamo contribuire fin da subito alla riduzione delle emissioni, in particolare in due settori, il trasporto e il riscaldamento domestico. Su quest’ultimo ci soffermeremo sul prossimo articolo, concludiamo quindi con alcune considerazioni sulle scelte che possiamo fare a livello di mobilità.

Secondo il rapporto ISFORT sulla mobilità degli italiani il 76,4% degli spostamenti (anno 2017) sono inferiori ai 10 km.

Il trasporto privato a Parigi rappresenta il 18% del totale, a Milano, che è la miglior città italiana da questo punto di vista, la percentuale è del 50%.

Un dato che deve farci riflettere soprattutto se consideriamo che ci spostiamo meno di 10 km, un motivo sufficiente per scegliere altri mezzi come ad esempio la bici. Ancora più rilievo acquistano oggi queste considerazioni in seguito alla pandemia di Covid19 e la rivalutazione di una “città da 15 minuti”, con tutti i servizi fondamentali a portata.


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